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Tra foce e pineta

Il nostro litorale (Il Litorale PIsano n.d.r.) è un luogo mutevole. Percorrerlo spesso prima d’inverno e poi d’estate, mi ha tolto ogni dubbio e mi ha restituito la possibilità di confrontare le sensazioni e le emozioni in questo dualismo.

Il mare è il collante che lega un territorio diviso da due grandi stagioni. L’acqua che frange sulla spiaggia di sassi bianchi di Marina ha la stessa limpidezza sia con il sole caldo di giugno che con la neve di gennaio, e nello stesso identico modo, vorresti immergerti per farne parte.
Le mie fotografie vorrebbero trasmettere questa emozione, se mai ci riusciranno, in coloro che si soffermeranno a sfogliare queste pagine. Troverete in queste coppie il tentativo di confrontare paesaggi simili o scorci facilmente affiancabili per vedute o per concetto.
Provate a chiudere gli occhi (strano a dirsi da parte di un fotografo) e se ci siete già stati, soffermatevi sulle sensazioni, sugli odori, sui rumori.

Non è mai facile immaginare in un istante una tale differenza temporale, specialmente sul mare.

Per me è stata un’emozione continua, che è terminata alla fine di settembre, quando ho finalmente gustato anche la fine della stagione, e la chiusura del cerchio.

(introduzione al libro “Tra Foce e Pineta – Edizioni ETS – Novembre 2012”)

Guida di Marco Malvaldi 

(alla lettura delle didascalie) 

Certi posti nascono con una gran fortuna: quella di avere il mare lì, a pochi passi.
La cosa è rara, anche in paesi mediterranei: se ci pensate, la linea di separazione tra terra e mare è una linea, un oggetto a una singola dimensione, mentre di solito i paesi sono sviluppati in superficie, a due dimensioni. Se pensate ad un paese come a una mela, le case sul mare fanno parte della buccia. Con tutto quello che ne consegue.

Il mare, per una cittadina, è una specie di confine, sia fisico che metaforico: non puoi andare oltre a qui, nel costruire, nel razionalizzare e nell’affannarti. Dalla spiaggia in poi, devi adattarti alle regole della natura, diventare un po’ meno homo faber e andare un po’ più sul nehandertaliano o sull’animalesco. La presenza del mare giustifica molti comportamenti che, in centro a Milano, desterebbero serio imbarazzo (andare in giro seminudi, mercanteggiare con venditori abusivi, fare un gavettone alla suocera ecc.).

Al mare, per definizione, ci si rilassa.
Le uniche costruzioni ammesse sulla spiaggia sono di legno, biodegradabile, o di sabbia, a forma di castello: e nessuna delle due sarebbe in grado di ospitare un consiglio di amministrazione.
Per quanto riguarda le immediate vicinanze della spiaggia, invece, ci si può sbizzarrire; e sul litorale pisano si va dal liberty al postmoderno, dal legno al vetrocemento, dal bello al terrificante.
Molto spesso, anche le case si sono rilassate, essendo in riva al mare, e si sono lasciate un po’ andare, e dimostrano tutti i loro anni.

Quando ero bimbo e c’era la mareggiata, spesso mia nonna mi portava a mangiare il pesce fritto a Marina, per poter pranzare guardando lo spettacolo del mare infuriato: e mi entusiasma pensare che, quando c’è una mareggiata, posso andare al ristorante sugli scogli e mangiare mentre il mare si abbatte sui vetri, come facevo da bambino.

Io e Nicola abbiamo passato buona parte delle nostre estati su questo litorale: quelle dell’infanzia e della giovinezza, dove non c’erano telefonate a cui rispondere o bambini da guardare (quelli eravamo noi), e abbiamo inevitabilmente affetto per questi posti. Un affetto che non si può cancellare, ma che di volta in volta si manifesta come entusiasmo o come delusione. Per quello che si potrebbe fare, per quello che viene fatto, per quello che non viene nemmeno notato.

Così, per quanto mi riguarda, questo libro è stato fatto cercando di essere obiettivi, e a volte severi: notando, ironizzando, rimproverando. Come si fa con le persone di talento a cui si vuol bene, perché siamo certi che possano fare di meglio. Ecco, il mare è un talento che pochi posti hanno, come dicevamo all’inizio: ma il talento, da solo, non può bastare.